Dove sta andando la Business Agility?

06 DIC 2021 Dove sta andando la Business Agility?

Pubblicato da Sergio Zanfrini

Nelle scorse settimane ho partecipato al World Agility Forum, evento che ha ospitato i maggiori esperti mondiali di innovazione manageriale, e la prima cosa che mi è parsa evidente è stata la totale assenza dell’Italia.

Non c’era nessun studioso italiano, fermo restando la prevalenza degli statunitensi. C’erano comunque un Australiano, una Svedese e un Indiano e tutti e tre hanno un ruolo riconosciuto a livello mondiale.

Non c’erano esempi che rappresentassero aziende Italiane, bensì Portoghesi, Inglesi, Svedesi, Norvegesi, Danesi, Cinesi, Tedesche oltre che Americane (il 40% del PIL statunitense è prodotto da aziende con organizzazioni agili).

 

Da cosa nasce questa nostra diffidenza nei confronti della Business Agility?

 

La prima obiezione, più semplicistica e generalizzata, è domandarsi perché cambiare qualcosa che già funziona. Finché si raggiungono l’EBITDA e gli obiettivi, spesso ci si domanda quale valore avrebbe rischiare.

Si è discusso molto di questo al WAF e credo si sia raggiunta la consapevolezza che questo equilibrio abbia fondamenta che sono diventate molto instabili a causa di modifiche dell’ambiente esterno. Questa instabilità non va però attribuita solo alla Covid-19. Negli ultimi anni, a partire dal caso Enron e dalla bolla dei mutui subprime, è stato un susseguirsi di crisi. A sostegno di quanto detto basta vedere che stiamo già affrontando quella nuova legata alla carenza di materie prime e di microchip.

La Dottoressa Annika Steiber, esperta in Business Agility e autrice, ha riassunto in 5 punti le cause di questa instabilità:

  1. la rapida evoluzione tecnologica
  2. l’ipercompetitività
  3. la globalizzazione
  4. la sostenibilità
  5. lo spostamento del potere verso il cliente.

 

A questo abbiamo concordato di aggiungere un sesto fattore: il presentarsi di cambiamenti imprevedibili.

Queste condizioni ambientali sono radicalmente diverse rispetto a quelle che abbiamo incontrato fino a primi anni duemila e che avevano forgiato i modelli di business e lo stile di leadership a cui siamo abituati.

La seconda obiezione che sento ripetere è che i modelli agili sono percepiti come una rivoluzione che, in quanto tale, obbliga ad abbandonare in modo traumatico il modello organizzativo esistente.

Durante i 5 giorni di discussione al WAF tutto quello che è stato presentato è stato un approccio progressivo al cambiamento che ha come punto di partenza l’evoluzione della cultura aziendale e di alcuni suoi processi. Non si applica una ricetta acritica; tutte le innovazioni vengono affrontate in base alle necessità dell’azienda con un processo evolutivo. Si vuole rimettere il cliente al centro e lavorare sui processi aziendali di conseguenza.

Di cliente al centro o di customer centricty si parla da anni ed è legittimo domandarsi che collegamento ci sia con l’agile e che cosa ci sia di di diverso rispetto al passato.

 

Qual è la correlazione tra customer centricity e agile?

 

Per iniziare a rispondere prendo in prestito la testimonianza di altissimo livello del creatore di SIRI, Norman Winarsky e alcuni sui commenti significativi che riassumono la sua visione di customer centricity:

Voglio essere una grossa opportunità per il cliente”.

“Per esserlo devo capire qual è il suo pain point”.

Il modello di business di Winarsky si costruisce su questi due pilastri ed è focalizzato su quella che lui chiama la “disciplina” nel creare grande valore per il cliente finale.

Per l’agile la soddisfazione del cliente diventa un’ossessione e contribuisce a definire l’organizzazione cambiandola dove necessario. Nel passato l’organizzazione aziendale è sempre stata il punto fermo su cui costruire il servizio al cliente.

Fondamentalmente si sta cercando di passare da un’impresa dove al centro c’è il modello organizzativo a un’impresa dove il cliente è il punto di riferimento e il modello organizzativo si adatta.

Questo tipo di svolta genera un’ulteriore perplessità che ancora una volta si riflette in un approccio diffidente dall’agile . Ogni azienda ha il suo DNA e questo non può cambiarlo senza grossi rischi ed enormi sforzi. Rispetto a questo ritengo che una presentazione fatta durante il WAF sia molto interessante.

 

Un’azienda tradizionale può diventare agile? SI: Il caso GE Appliance Heier.

 

Sono sempre stato un uomo di processo che ha lavorato in aziende industriali. Ho lavorato per un capo di estrazione General Electric che mi ha formato alla disciplina nell’esecuzione dei progetti pianificati. Il caso GE Appliance, presentato durante il WAF, mi ha molto colpito perché ha coinvolto un’azienda che per decenni è stata la scuola di leadership maggiormente riconosciuta.

GE è sempre stata un’azienda organizzata con silos ben definiti ed efficienti con processi chiari e condivisi e con i progetti realizzati seguendo un piano d’azione condiviso. L’acquisto da parte di Heier ha portato a una trasformazione basata su principi agili e guidata dall’interno dal personale GE. L’azienda veniva da anni di fatturato stabile e, in un breve periodo, ha avuto una forte accelerazione raggiungendo crescite a doppia cifra per diversi anni consecutivi.

Una rivoluzione che ci è stata raccontata da chi ha partecipato al cambiamento.

Ho potuto domandare direttamente a uno dei protagonisti se la trasformazione avesse portato a un cambio delle persone all’interno dell’azienda o a una rivoluzione nella leadership.

La risposta è stata negativa, o meglio, per me molto positiva: il cambiamento è possibile senza uno stravolgimento dell’organigramma. Le stesse persone che erano in GE Appliance guidate da un COO di scuola GE ma con una visione innovativa, hanno saputo abbracciare il cambiamento adattando principi agili, comuni nel gruppo Heier, alla loro realtà.

Fare propri i principi e adattarli alla propria realtà è una pratica comune delle soluzioni agili, soprattutto di quelle di successo.

 

Da dove partire per fare questo tipo di trasformazione?

 

Si può iniziare in molti modi il cambiamento e non esiste una ricetta uguale per tutti. Dal mio punto di vista le vie più semplici sono sostanzialmente due: focalizzarsi o sui processi o sulle persone.

 

  • Processi

 

Un ottimo punto di partenza può essere quello di scegliere un processo che troviamo particolarmente ostico per la nostra organizzazione. Possiamo affrontarlo tramite sperimentazione con un Team Agile, con l’obiettivo di renderlo efficace per il cliente finale.

Questo processo permette di capire le dinamiche che si creano nel team e come queste possano essere integrate all’interno dei normali processi organizzativi. Ciò permette di prendere decisioni solo dopo aver valutato i vantaggi del cambiamento, seguendo il principio di provare le cose per comprenderne gli effetti tipico dell’approccio agile.

 

  • Persone

 

Una via alternativa è quella di lavorare sul mindset di manager e persone per permettergli di acquisire punti di vista diversi e innovativi su come gestire il cambiamento.

Entrambi i percorsi lavorano sulla creazione delle fondamenta su cui costruire l’evoluzione della propria impresa. Possono anche essere seguiti contemporaneamente o in stretta sequenza.

 

Con quali strumenti?

 

L’ultimo dubbio di questo viaggio che è stato intrapreso durante i 5 giorni del WAF nasce dalla scelta di quale framework utilizzare (Scrum, Lean, Design Thinking, Canvas,etc.) per guidare il cambiamento.

Il dibattito ha aggregato i partecipanti sull’opinione condivisa che la scelta di uno o più strumenti debba avvenire solo successivamente al percorso su processi e persone. Gli strumenti devono esser funzionali al cambiamento che si vuole perseguire e alla realtà aziendale e vanno utilizzati solo a supporto del cambiamento e solo se ritenuti necessari dal team.

Non si vuole imbrigliare la capacità di innovare in una nuova gabbia. Il problema è talmente sentito che durante il World Agility Forum si è affrontata la domanda provocatoria se l’agile,che spesso è stato inteso come framework, sia diventato un limite alla capacità di innovare dell’impresa. Per questo si è coniato il termine di Business Agility come rappresentativo del movimento per superare l’equivoco che l’agile sia identificato con un singolo metodo ma che piuttosto si occupi in generale della capacità di innovare dell’impresa.

 

Conclusioni

 

L’obiettivo condiviso che è emerso in questa cinque giorni di dibattiti è quello di aiutare le imprese ad aumentare la capacità di innovazione per adattarsi a un mondo VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity & Ambiguity).

ZaLa Consulting ha le competenze, le capacità formative e l’esperienza sul campo per supportare le imprese nel viaggio attraverso la Business Agility.

Abbiamo partecipato al World Agility Forum per poter raccogliere le migliori esperienze e nuovi modi di pensare che possano supportare il cambiamento.

La conclusione che possiamo trarre è che dobbiamo riguardare costantemente quello che facciamo con occhio critico coinvolgendo il cliente per poter sempre migliorare il nostro modo di essere impresa. Dobbiamo ricordarci che gli strumenti, i modelli e la stessa organizzazione aziendale sono solo funzionali all’obiettivo di proporre al cliente la miglior risposta possibile. ZaLa Consulting vuole essere al vostro fianco in questa trasformazione.

 

Sergio Zanfrini

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